Anche a Lamezia una voce per la Palestina

La Palestina chiama“. Questo il titolo del presidio organizzato ieri – 18 ottobre 2023 – presso l’isola pedonale di Via Nicotera, in centro a Lamezia. Il momento è stato pensato da attivisti della comunità araba locale e da subito vi hanno aderito gli amici del collettivo Addùnati e dell’associazione Icica. L’aria che respiravo è stata tagliente, perché densa di consapevolezza e responsabilità: le urla “Palestina libera” mi sembravano travalicassero qualsiasi confine, anche ideologico, perché dettate dall’orgoglio e dalla dignità di chi, nonostante l’ingente campagna deumanizzante e banalizzante operata dai principali media di massa, non può che pensarsi a sostegno di un popolo discriminato, marginalizzato e direttamente bombardato.

«Non possiamo accettare che ci sia chi vuole metterci tutti uno contro l’altro, insinuando la paura e l’odio. Abbattiamo i muri che ci dividono e costruiamo ponti per ricongiungerci» questa è Sara: la sua voce risuona bella e decisa, mentre legge l’intervento di Nouhaila Hajji, organizzatrice del presidio insieme all’associazione il Futuro di Lamezia Terme. Precise sono le sue parole e precise le idee che vogliono trasmettere e che qui, tutti insieme, ci troviamo a condividere: «In Palestina serve una azione diplomatica, di pace e di rispetto del Diritto Internazionale. Occorre fermare la violenza, rimuovendone le cause e riconoscendo lo stato di Palestina. Non bisogna essere totalmente oggettivi, il punto è essere il più possibile onesti soprattutto con noi stessi».

«Gli abitanti di Gaza si trovano assediati e confinati in una città prigione, con una delle densità abitative più alte del mondo e con il 40% della popolazione di età sotto i quattordici anni» leggo dalle parole di Addùnati «privati di cibo, acqua, farmaci, energia elettrica e benzina, con gli ospedali al collasso e sotto le bombe che non hanno risparmiato nessuno nemmeno i valichi in uscita e i convogli in fuga». Anche il mio amico Giuseppe, prendendo parola, sottolinea la pesante opera di disumanizzazione a cui continuiamo ad assistere – ed io mi sento inerme, perché nato nella parte “ipocritamente fortunata” del mondo.

Non ho che queste quattro righe, qui su ManifestBlog, per dirlo: la brutale reazione di Hamas è per davvero figlia delle azioni di Israele, stato sovrano, “democratico”, a quanto pare, che molto democraticamente continua a sganciare bombe e non consente nemmeno l’arrivo di aiuti umanitari, anzi bombarda più volte persino i corridoi sui quali vengono spinte, in queste ore, centinaia di migliaia di esseri umani portati allo stremo della dignità. Una disumanizzazione a cui non si può che rispondere con l’umanità, come ci ripetiamo da anni, ormai, anche nel ricordo di Vik Arrigoni e di tutti coloro che scelgono di non parteggiare per nessuna bomba, per nessuna morte, per nessun crimine, ma solo per la pace. E non può esservi pace senza giustizia sociale. Come non può esservi umanità senza poesia: lo hanno ricordato, infine, i ragazzi di Icica, con la lettura di due poeti ben precisi.

«Tu che mi rimuovi dalla mia casa / hai espulso anche i miei genitori / e i loro, a loro volta. / Com’è la vista dalla mia finestra? / Che sapore ha il mio sale?» si domanda Fady Joudah, poeta palestinese figlio di profughi rifugiati in Texas, nel suo testo boicottato e censurato persino dal The New Yorker. «Un popolo padrone si avvia alla guerra santa contro un popolo di servi» recita invece il poeta israeliano Natan Zach che, con le sue opere, si è opposto alle azioni del suo governo, tanto che Netanyahu ne ha suggerito la censura dai libri scolastici.

 

Vive a Lamezia Terme, legge e scrive dove gli capita. A tempo perso si è laureato in Beni Culturali e in Scienze Storiche, a tempo perso gestisce il blog Manifest e a tempo perso è responsabile della Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo del TIP Teatro. Di fatto, non ha mai tempo. Ha esordito nel 2023 con il romanzo "Al di là delle dune" (A&B)

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