Uno stupratore si chiama Giovanni Iamonte, «rampollo di un esponente di spicco della locale cosca della ’ndrangheta, soggetto notoriamente violento e spregiudicato». Un altro stupratore si chiama Antonio Verduci, ed è figlio di un maresciallo dell’esercito. Un altro stupratore è Davide Schimizzi, fratello di un poliziotto. Intercettato durante le indagini, chiede consigli proprio a lui. E li ottiene: «Quando ti chiamano, tu vai e dici: non ricordo nulla! Non devi dire niente! Nooooo. Davide, non fare lo ”stortu”. Non devi parlare. Dici: guardate, la verità, non mi ricordo. E come fai a non ricordare? Devi dire: sono stato con tante ragazze, non mi ricordo!».
Stamattina mi sveglio ed è un copiare e incollare sui social network dello stesso articolo di cui si legge un frammento sopra. Titolo dell’articolo de La Stampa “Se l’è andata a cercare”. Il paese volta le spalle alla ragazzina violentata” Sottotitolo: “Calabria, in poche centinaia alla fiaccolata per la 16enne stuprata da tre anni Il padre: “Me lo aspettavo, se potessi prenderei mia figlia e la porterei lontano”.
Si parla di Melito Porto Salvo, provincia di Reggio Calabria, si parla di Silenzio, di una fiaccolata, di un vescovo che preferisce il silenzio, di un sindaco che utilizza parole che feriscono ciascun lettore come una lama. Il fatto. Una violenza. Una violenza ai danni di una tredicenne che oggi ne compie sedici. Una violenza sessuale di gruppo, un gruppo misto, figli di cosche e figli di marescialli, una violenza sessuale lenta, prolungata, permanente per il corpo e la mente dell’adolescente.
In questi giorni non ho fatto altro che sentir parlare di questo fatto. Non mi ero purtroppo addentrata ad approfondire mio malgrado, o forse anche io inconsciamente avevo paura di avvicinarmici? Per lo schifo, l’indignazione…È forse meglio chiudere gli occhi e far finta di niente? Ma una donna, in particolar modo, trova in sé l’esigenza di toglier fuori la rabbia. Perché adesso posso dirlo, stamane mi sveglio e trovo l’articolo nazionale che mi urla di esser letto. E allora lo leggo, e vaffanculo!
Non riesco a mettere insieme e fermare con lucidità il flusso di sentimenti che mi hanno provocato quei pochi minuti di lettura. Rabbia? Di più. Dispiacere? Di più. Indignazione? Infinita, ma impotenza anche. E poi l’esigenza di urlare vaffanculo! Vaffanculo e vaffanculo! A questa terra di merda, che sa ancora ricordarci del male insito nell’uomo, del grado elevato di questo male. A tutta la gran parte delle città, e dei paesi nei quali ancora regna sovrana una mentalità becera, arretrata, arcaica, maschilista. Ai calabresi di merda che preferiscono il silenzio, a quelli che sono rimasti a casa durante la fiaccolata, alla chiesa che continua a non servire a nulla se non a legittimare la mafia. Vaffanculo al gruppo di stupratori e a chi con loro ha contribuito alla realizzazione di questa tragica vicenda, (e a chi dice di dispiacersi per loro) a chi per loro ha collaborato mediante omertà, a chi ha dato loro forza e vigore. E vaffanculo a chi decide di andare a dormire piuttosto che scendere in piazza e urlare, a chi fa oggi vergognare ogni donna, e perché no, ogni uomo nel pronunciare quella frase ch’è peggio di una pugnalata “Se l’è cercata”. Io decido di urlare affinché il mio urlo possa diventare, insieme a quello di tante altre donne, un eco infinito, e riprenderci, spero non troppo tardi, ciò che ci spetta di diritto: la dignità umana. E salvaguardarla in ogni attimo della nostra esistenza.
Siamo ancora molto indietro, molti passi in avanti devono ancora compiersi e se la maggioranza ristagna nel lago delle lacrime e del silenzio fini a se stessi non potremo neanche lontanamente sperare nel cambiamento, sognare una terra pulita, diversa, nuova. Se prima non cambiamo noi non possiamo sperare che il mondo cambi. Se continueremo ad avere paura di noi stessi non potremo mai sperare di crescere. Siamo morti che sopravvivono.
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".
3 commenti
Aggiungi il tuoSei una grande le tue parole sono infiniti e tutte vere. Viviamo come bestie sempre con la testa in giu incapaci di affrontare questo paese squallido solo di persone false e sopratutto che giocano in casa rra loro ed e tutto concesso……poi quando si trovano una persona sofferente e che cerca di aiutarsi loro le girano le spalle dicendo che la voluta lei gente ipocrita x che se succedeva ad una d loro tutto il paese era con loro…….aprite gli occhi e fate fare giustizia vera
Grande grazie Lei è meridionale documento non si può dire niente alla meraviglia che ha scritto se non complimentarmi ha scritto ciò che i pavido non hanno il coraggio gli omertosi vanno a dormire grazie grazie
Sì rabbia e impotenza,vergogna,dolore infinito,voglia di ribellione e non poter fare niente,qualcosa che distrugge la nostra vita,la nostra coscienza.Grazie a chi sa dar voce a ciascuna di noi,un abbraccio da una nonna ultraottantenne