Calabria da riscoprire: Monte S. Elia e Monte Reventino a confronto, “Un ritorno alle origini”

Ogni volta che ti incammini verso una nuova vetta, sono tante le emozioni a contrastare di piacere il percorso. La scoperta, la paura, l’adrenalina, il fatto di misurarti, mettere insieme i sensi e sublimarli al sole, col sole che si riflette sul diverso verde degli alberi, il respiro degli alberi col tuo personale respiro.
Ieri, martedì 13 novembre, abbiamo provato a percorrere un sentiero pista di animali molto rapido e scosceso, sul Monte S. Elia, un territorio a noi sconosciuto. Al ritorno, ancora carichi, siamo invece passati sul versante opposto, sul gruppo dei monti del Reventino, dunque abbiamo unito in unico sguardo fra Sambiase e Nicastro. Dietro la guida di Francesco Mantuano, camminatore e arrampicatore appassionato, insomma un ragazzo che con la natura ha da lunghi anni un rapporto autentico, ma che non organizza e pubblicizza escursioni, abbiamo dapprima parcheggiato la macchina poco più avanti le Terme di Caronte, poi abbiamo scavalcato i guard rail e ci siamo immedesimati piccoli animaletti che rientrano nel loro habitat.
“Perché noi proveniamo dalla terra – ci racconta – le nostre origini risiedono qui, dunque stiamo solo facendo ritorno”.
Il primo incontro, al di sotto del Monte S. Elia, e del suo bel sistema roccioso, è il Fiume Bagni. Decidiamo che, al di sopra del filo predisposto al passaggio, possiamo farcela. Così ci improvvisiamo circensi, e la paura lascia spazio alla voglia di mettersi in gioco. Proviamo, così, a mettere insieme il corpo e la mente, e subito dopo l’attraversamento del breve tratto di fiume sappiamo che nonostante le difficoltà, e saranno molte, specie per chi come noi non sono arrampicatori o altro, arriveremo al traguardo: La grotta delle fate. La chiamano così.
“Siamo sulla destra idrografica dell’Alta Valle del Fiume Bagni, sul Monte S. Elia – afferma Mantuano – roccia calcarea dolomitica. Siamo saliti lungo un sentiero pista di animali, un bosco di lecci, fra piante di agrifoglio, pungitopo, corbezzoli, e paludi di roccia calcarea. Il percorso segue un piccolo dislivello ma percorribile con un po’ di attenzione. Da un po’ di anni su questo versante si pratica l’arrampicata sportiva, con diverse vie chiodate, con un livello di difficoltà dal basso per neofiti fino a livelli più impegnativi, al 7a 7c”.
È assai frequente il pensiero di fare marcia indietro, man mano che si sale, quando la pista quasi non si vede più, basta un attimo per guardarsi intorno e sentirsi protagonisti di una favola, di quelle che leggevi da bambina. È bosco fitto, ma il sole che gioca a nascondino e poi rientra regala un’atmosfera di magia, mentre inizia ad apparire la grande roccia, e si rimane senza fiato. Un colore particolare, un misto fra il rosa e io grigio perlato. Si sente la sensazione dell’arrivo. Ma in realtà, come ogni storia ci insegna, il vero arrivo non esiste. È nel percorso che abbiamo imparato qualcosa, li dove abbiamo sperimentato l’equilibrio, la fiducia, l’abbraccio con madre natura, le mani sull’umido muschio, li dove la mente si libera di limiti e ansie.
Al si sopra del Quartiere Bella, passando da Sambate, ci in camminiamo nel bosco, incontriamo alberi di frutto antico,  vecchie casette in legno cosparse di edera, una buca di posta con sotto un manifesto funebre, una bicicletta, e saliamo. Dopo un paio di km, si arriva a Monte Santa Maria a  1088  m. Qui è pieno di ginestra, e il terreno frammentato fra terra, pietre, per via delle recenti piogge appare spogliato, fino a mostrare la roccia, tutto è roccia sotto i nostri piedi. Decidiamo di continuare il percorso sul versante destro tramite un sentiero stretto che affaccia su pietre, al di là delle quali sporge Platania e poco più sopra la grande roccia della cima del Monte Reventino. Mentre a sinistra figura Monte Mancuso, con un breve pezzo del Golfo di S. Eufemia. Una cima di Aspromonte, forse l’Etna. Da li a poco vedremo un panorama meraviglioso.
È una finestra sul mondo, in cui le nuvole sembrano dare il benvenuto, una famiglia di pietre ci accoglie, sediamo e meditiamo finalmente il silenzio. Siamo ora a 1298 m. s. l. m. sul Monte Tombarino gruppo Monti del Reventino. Quando iniziamo a scendere tutto è più abituale e fluido. Ma appena si ritorna sappiamo che, seguendo una nuova consapevolezza, uno smarrimento, casa è ovunque il nostro cuore si trovi a respirare e la nostra anima si trovi a fare pace con se stessa.

 

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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