Oggi questi dieci dipinti che vedete esposti in queste due anticamere del secondo piano della biblioteca comunale rimarranno per più di un mese a sottolineare diverse cose. Ma se oggi questi dipinti sono qui lo si deve ad altrettanti diversi fattori o, meglio, ad altrettante diverse entità. Lo si deve al nostro bel Palazzo Nicotera e quindi alla città di Lamezia Terme, città che ha il dovere morale di riconoscere in esso un considerevole baricentro culturale e il diritto civico – ergo il diritto di ogni lametino – di pretendere una piena tutela ed una piena valorizzazione da parte non solo degli enti, ma da parte di tutti. Questa biblioteca, come molti sanno, sta vivendo un periodo felice per quanto concerne una certa utenza (parere da utente qualunque).
Questo vuol dire gente che legge, giovani che studiano, giovani che si formano, giovani che chiedono e danno partecipazione, che vogliono imparare a parlare di cultura, di arte, di letteratura, facendosi proprio una cultura sulla cultura stessa. Ma occhio a questa parola: “Giovani”. Un monito d’attenzione per chiunque voglia usarla! Troppo spesso, credo io, veniamo sottovalutati per la forma con la quale vogliamo definire le cose e sopravvalutati per la sostanza delle nostre cose stesse. Voglio dire che se non ci si riesce ad immergere nel nostro modus operandi, e quindi ad aggiornare i propri linguaggi, si corre il rischio di creare una profonda spaccatura tra i giovani che chiedono dei tutori, delle guide, per imparare ad esprimere i loro interessanti messaggi e i giovani che di guide e strade apparate ne hanno ma mancano invece degli interessanti messaggi. Con tutto questo non credo di uscire troppo fuori strada, in quanto se oggi questi dipinti son qui lo si deve ad un gruppo di giovani che ha lavorato ed interloquito. Lo si deve al loro amore e alle loro attenzioni per questo luogo. E si tratta di giovani – per tornare appunto a prima – anche piuttosto furbi. Sanno benissimo, questi giovani, che l’obiettivo finale di ogni biblioteca è l’utente, e che ogni biblioteca dovrebbe ricoprire quest’utente di tutti gli agi e di tutte le libertà di cui può anche non necessitare – badate – ma che deve poter ricevere a prescindere! Sanno benissimo, questi giovani, che momenti di aggregazione sociale intorno ad arte, libri, dibattiti, convegni e tutto quel che volete, diventano oro colato per l’espressione delle proprie ideologie e dei propri pareri sulle questioni di comunità. Ad esempio, io potrei saper benissimo di aver voluto qui questa mostra, e di aver voluto qui tutti voi, per poter esprimere la mia idea di biblioteca o – chessò – il mio parere su orari di apertura che potevano essere consoni nella scorsa decade, il mio parere su diversi servizi da ampliare o sulla tristezza di certi spazi abbandonati a loro stessi quando qua fuori decine e decine di genti, gruppi, associazioni stentano ancora a farsi sentire. Ma andrei veramente fuori strada e fuori tema.
Se oggi, in realtà, questi dipinti son qui lo si deve alla biblioteca comunale, alla vicinanza della sua direttrice, Claudia Brunetti e all’esistenza del Sistema Bibliotecario Lametino, il suo direttore Giacinto Gaetano e i collaboratori, Nicola, Antonio, Claudio, Lucia e Maria Chiara. Questi sono i “tutori” che chiunque decida di frequentare assiduamente questa biblioteca, troverà, disponibili al lavoro condiviso e alla progettualità fatta con idee unite a passioni.
Se oggi questi dipinti son qui lo devo a me stesso e ad Ahmed, a Gemma e Rossella, con i quali ci son stati mesi vissuti, costellati di incontri, parole, situazioni, idee che quando erano diverse si son venute incontro e quando erano uguali si sono interrogate per ampliarsi. Mesi di crescita, insomma. E perdonate se per quel che mi riguarda basterebbe già solo questo per dare un senso a questa mostra oggi. Tuttavia è giusto dare qualche accenno ulteriore.
Il conflitto che Ahmed ha riversato a suo modo in queste dieci opere ci riguarda tutti, ci accomuna come esseri umani, proprio come la vita, la morte, l’amore, la gioia, la sofferenza, il dolore. Si tratta della prima traccia interiore, il primo baccello psichico che, direttamente dal nostro cuore o dalla nostra mente, apre la strada ad un certo dinamismo naturale che spesso, poi, porta ad un conflitto vero e proprio.
Non credo, tuttavia, di ravvisare in queste opere una mera rappresentazione rassegnata dell’uomo. Non credo – e credo che nemmeno Ahmed lo creda – che il conflitto, armato, sociale, psicologico che sia, possa albergare in eterno in noi, pur se ammettiamo una sua condizione naturalissima. Credo piuttosto che nelle linee decise di Ahmed, nel suo inchiostro, nei suoi giochi prospettici e chiaroscurali, vi sia da ricercare un’informazione/istruzione, un paio di lenti a raggi x, magari, che ci permettano di vedere al meglio l’ossatura di una realtà ormai troppo confusa. Questo è un punto dettato forse da un mio leggero velo pessimistico, ma credo di non allontanarmi troppo dalla verità dicendo: che si parli di una guerra, che si parli della Siria, della Palestina, che si parli dei poteri forti, del loro irretire le masse, delle masse irretite, delle menti plagiate, di quelle libere e poi decapitate… credo sia ancora il momento di parlarne il più possibile! E in questo, in queste dieci opere, Ahmed mi è sembrato eloquente, molto eloquente. Abbastanza, almeno, da farmi convincere a offrirgli un megafono. E oggi, siete invitati a prendere ascolto.
Ricordiamo che la mostra sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdi dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00 ed è installata presso l’anticamera della Sala Affrescata, al secondo piano di Palazzo Nicotera.
Domenico D’Agostino
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".