Cominciano le giornate di orientamento nelle scuole di più ordini e gradi. Per grandi e piccoli studenti sono giornate intense quelle in cui passare da un’aula all’altra. Se si tratta di licei il discorso diventa ancora più delicato. Per ragazze e ragazzi che quest’anno si iscriveranno al primo superiore la scelta della scuola è anche motivo di riflessione alla crescita, a una fase nuova della propria vita. In alcuni casi non si hanno dubbi, in altri se ne hanno tanti da apparire, tale scelta, fra le più sacrificanti: c’è l’idea di abbandonare i compagni di classe, o peggio ancora di banco, l’idea di intraprendere un indirizzo seguendo le pressioni dei genitori, specie di quelli che obbligano i figli a fare ciò per cui loro, invece, non sono riusciti, e ci sono altre, migliaia di domande.
In ogni caso, si è troppo distanti, attualmente, dal dubbio, quale stimolo a cercare, ad andare oltre l’ovvio, a sperimentare, a porsi degli interrogativi, e qui la mente critica pare ingabbiata. Nei giorni dei mesi dedicati all’orientamento è, dunque, totale disorientamento. La pedagogia, quale elemento primario di una delle più importanti agenzie educative, appunto la scuola, viene messa da parte, per gonfiare l’ego di intere famiglie che tenteranno di indirizzare i propri figli verso quella scelta o in quell’altra.
Oggi, a differenza di un passato abbastanza recente, gli adolescenti sono chiamati nella maggior parte dei casi a soccombere. Poco importa, quindi, la loro reale curiosità al nuovo. Poco importa la loro attitudine, il loro consenso più o meno consapevole. Perché di fronte ai più innovativi indirizzi, o alle classi perfette, (dietro cui volano raccomandazioni per la formazione di sezioni), o dietro progetti formidabili, non sempre tutto quello che luccica è oro.
Si ascolti la voce delle ragazze e dei ragazzi del nostro tempo. Si chieda loro un parere, si cerchi di assecondarli, ovunque il loro sguardo si posi. Che siano scelte azzardate, di quelle che magari si riveleranno sbagliate, ma che siano le loro personali scelte, quelle che consentiranno loro di crescere e reinventarsi ogni giorno, ma basandosi sulle loro gambe, sulla loro fiducia non su quella artificiale di chissà chi altro.
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".