In questi giorni in cui non facciamo altro che assistere al bombardamento di notizie in merito al mostro che continua a divorare l’Italia, come un vortice senza fine, siamo anche stanchi, spossati, cerchiamo di silenziare per qualche ora lo smartphone, di spegnere la tv, di distrarci in cucina o con i libri, ma alla fine quanto accade attorno a noi lo sentiamo arrivare comunque, in un modo o nell’altro ne siamo coinvolti. Ma come reagire?
Nelle ultime ore stiamo vedendo il numero di morti in aumento e dei contagi in tutta Italia. Sembra un leitmotiv costante: da un lato il Governo che imperterrito emana un decreto ogni sera, ma ancora non risolutivo, con conseguenze ed effetti che si ripetono di settimana in settimana, (il flusso di persone che scendono da nord a sud per esempio o le lunghe e improvvise file al supermercato), dall’altro il panico, l’allarmismo, il dispiacere, la tristezza, l’impotenza, l’ansia degli italiani, quelli #rimastiacasa e quelli che una casa non ce l’hanno e vivono una situazione ancora più tragica.
Lo scetticismo avanza, per quanto riguarda le mosse del Governo, quando certe condotte vengono a reiterarsi. Allora non si comprende più l’obiettivo dell’ azione. Sfugge. Si sta creando una confusione senza precedenti che in un modo o nell’altro conduce al disastro. Perché il Governo commenta i suoi decreti solo a tarda sera per poi vederli emanare due giorni dopo? È solo una questione di organizzazione? Ma di cosa? Siamo in piena emergenza. Il danno più grande è stato già fatto in merito: tenere aperte molte fabbriche, cantieri, e altri luoghi di lavoro non certo considerate come produttive di servizi essenziali fino ad oggi. A Bergamo, ad esempio, il contagio maggiore è avvenuto a causa della mancata prevenzione dell’ambiente lavorativo. (E anche qua la cattiva informazione e le fake news hanno giocato a loro favore, si è detto persino che al nord si lavora più del sud, come se fosse una motivazione rilevante seppur veritiera in tale contesto, mentre nessuno ha parlato di tutela, di sicurezza, di salute). Per ritornare ai decreti, e se invece fosse ormai voluto questo approccio? Al nord sono quasi 1000 i morti al giorno, la situazione è ormai ingestibile, cosa fare allora? Spostiamo il virus al sud, dove ancora non è pandemia completa. Perché di questo gradualmente si è trattato, e lasciamo perdere le retoriche italiane, le discriminazioni, che non sono azzeccate. Anzi, si tratta proprio del contrario. È per avere una visione di insieme, più ampia possibile, di prevenzione dell’intero paese Italia che si dovrebbe invece salvaguardare i territori più fragili dove ancora non è esploso in maniera profonda il virus. Molto bello, infatti, il caso di emigrazione sanitaria al contrario di qualche giorno fa. Alcuni pazienti gravi, in mancanza di posti letto in Lombardia, sono stati trasferiti in Calabria e in Sicilia.
All’interno delle nostre case e negli angoli della nostra coscienza/non coscienza continuano, oggi, ad albergare pensieri, aumentano le domande attorno ai poteri degli Stati del mondo, osserviamo con piacere gli attestati di stima, e la disponibilità della Cina e di Cuba, adesso anche della Russia, aiuti preziosi, e da qui proseguiamo a ripensare l’intera Europa, ci chiediamo quale ruolo riveste, e con quali altri Stati è più in sintonia e con quali no. Ma al di là di facili e poco esaustivi pensieri, regna ancora lo “stagno” dei tuttologi, sul web, sui social e le catene di materiale con immagini, video, articoli, notizie ufficiali o meno, proseguono il filtro fra noi e il mondo, filtro che contiene le sue frustrazioni, paranoie, escalation. Tutto questo non solo finirà per annientarci, stordirci, ma finirà anche per disumanizzarci, soprattutto se alimenta egoismo, rancore, prepotenza, presunzione. Perché diciamocelo, basta avere un telefonino in mano per sentirci fighi e arroganti, (gli altri sono stupidi,non hanno voce in capitolo, invece noi si) mentre adesso avremmo tutti più bisogno di dolcezza, di affetto, e di sani confronti.
Ma, più di tutto, ad atterrire in questo clima già triste solo coloro che “ai tempi del coronavirus” tolgono fuori la loro vera natura, cioè gli asintomatici del dolore. Può succedere una qualsiasi tragedia, loro non sentono dolore, perché semplicemente per motivi legati strettamente alla personalità non hanno mai sbloccato fino in fondo la loro parte più emotiva. Ce n’eravamo accorti, forse, quando capitava qualcosa di meno eclatante, come? Quando qualcuno stava male, una persona stava per morire, quando c’era una separazione, quando una coppia troncava una storia, quando c’era una morte improvvisa, o in merito a qualche problema, a livello relazionale, insomma quando c’era da dispiacersi e dall’altra parte c’era solo un muro, un muro invisibile di cinismo, di tranquillità, di apatia, e soprattutto un muro di silenzio e di distanza, di freddezza e di non partecipazione al dolore.
Tutti coloro che nella propria vita non hanno mai voluto partecipare al “dolore” dalla forma più piccola, insignificante, a quella più grande non possono allora comprendere realmente quanto sta accadendo. Allora non proveranno neanche nausea a vedere i video di centinaia di bare dirette ai forni crematori, proveranno solo indifferenza e diranno che tutte queste immagini sono dannose.
Partecipare al dolore degli altri, non significa “fare la vittima”, e non significa neanche trasmettere negatività (di certo attualmente io faccio fatica a ridere o a fare un brindisi), anche quando questi altri siano sconosciuti o persone anziane o già malate che ci lasciano, fa di noi donne e uomini, fa di noi persone, esseri umani, in grado di distinguerci per la capacità di far pulsare un cuore e non solo per farneticare frasi e calcoli.
“Quando le nostre città saranno ritornate alla normalità, niente sarà più come prima”. Lo stiamo sentendo dire da giorni. Allora sarà possibile attivare uno sguardo più selettivo, su cose e persone, sul lavoro, sulla famiglia, su tutto ciò che abbiamo a cuore, sugli amici, sul tempo, sui giorni da vivere in modo più consapevole.
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".