Ci sono luoghi che disorientano per l’ampiezza delle vedute straordinarie su cui si posano gli occhi, luoghi impossibili da decifrare, su cui prender nota appare difficile, perché presentano una geografia piantata fra il mare e la montagna, come un pezzo di terra messo lì per caso.
Vicino e lontano a tutto il resto. In cui l’identità è frammentata, in cui i giovani sono scomparsi, e le mura si impregnano di silenzi insieme ad altezze di notti tragiche. La modernità di certi luoghi sembra incidere, senza una spiegazione affermativa o meno, con discorsi di cementificazione, a collegare una serpentina di luci che, magicamente, lega il castello al mare, mentre la magia, quella delle parole e dei rapporti è ancora debole, ma per questo accattivante. Fiume Freddo Bruzio. Un luogo, non luogo, non ancora luogo? Chiederselo può portare a un nuovo mutamento. Di idee e progetti. Di artisti e nuovi fermenti culturali, che alla stessa strega di Salvatore Fiume, attraverso la curiosità e l’occhio esterno possono colmare e riempire l’occhio interno. In fondo tutta l’identità possibile e ancora immaginabile è un pensiero in divenire. Cogliamo dai nuovi passi il sogno di un intervento concreto e condiviso. Attiviamo uno sguardo pratico.
Un percorso di ricerca che diventa momento di rilettura, di un processo artistico-creativo, che analizza e studia fenomeni sociali che fanno ormai parte della nostra quotidianità. Quattro i tempi individuati che diventano azioni concrete attraverso il contatto artistico che restituisce vita e intuizione alla capacità di riformulare senza alterare le regole “genetiche” innate a quell’istinto di sopravvivenza. Preservarsi senza alterarsi. Il progetto è concepito come un complesso insieme di “organismi” ed azioni artistiche che costruiscono il percorso d’accesso al sistema centrale, custode di quella memoria, di quell’identità genetica che ci rende simili ma nello stesso tempo unici.
[quote]Un progetto lungo sei mesi che rilancia con forza la centralità dell’arte contemporanea come cardine essenziale nelle stagioni della nostra società; per ritrovarsi, per far tacere l’egoismo di questo assurdo tempo e presentarsi all’origine di quella memoria con tanta voglia di ispirazione.[/quote]
“L’attesa di un mutamento. Una rielaborazione di un processo. Millennium bug, secondo appuntamento di Camera 237, controlla attraverso l’arte questa sincronia dei tempi della paura. Da una parte il tempo informatico generato dall’uomo e dalla sua esistenza, dall’altra il tempo della natura e della creatività artistica che si presta a rappresentare e dare immagine di queste percezioni. Un percorso che sotto traccia si sviluppa partendo dal racconto di quel sentimento di smarrimento e allarmismo da parte dell’opinione pubblica di ritrovarsi privata di quell’intelligenza artificiale. Year 2000 problem! Dal 31 dicembre 1999 al 1° gennaio 2000 il tempo di attesa in cui l’umanità intera ha scoperto, forse per la prima volta, il limite della macchina informatica. Da questa idea diffusa di paura nasce il progetto di Camera 237; Una quotidianità di tempi che hanno segnato e continuano a segnare ancora oggi diversi millennium bug della nostra esistenza. Insieme a loro gli artisti Francesco Barilaro, Giuseppe Salvatore Barilaro, Leonardo Fiuto Cannistrà, Carmela Cosco, Delia Dattilo, Angelo Gallo, Elda Longo, Francesco Cisco Minuti, Costantino Rizzuti, Jaqueline Gisele Rodriguez, Lucrezia Siniscalchi, Valentina Siniscalchi che saranno chiamati a raccontare a dare forma a queste inquietudini a queste domande, mediata dall’immagine dell’arte. Tempi infiniti, paure condivise o private. Custodite nel segreto o urlate alla collettività. Un percorso quasi antropologico che non fa distinzione di territorio, di etnia ed orientamenti sociali. È l’uomo al centro con le sua fragilità e la sua intelligenza. I suoi limiti e la sua forza. Il pensiero che supera la realtà e si trasforma in concretezza. Una mostra innovativa costruita in un luogo storico, Il Castello Della Valle di Fiumefreddo Bruzio (CS), per sancire ancora di più il legame del tempo contemporaneo con il tempo della storia e della nostra identità. Un percorso fluido che ci racconta questo “cortocircuito” nel quale ognuno di noi fa i conti. Uno spazio dove riflettere, dove condividere e ritrovarsi. Dove interrogarsi. Dove scontrarsi. Il nostro Millennium Bug (forse) è appena iniziato”? (www.ignorarte.com)
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".