Siamo passati dall’edicola di San Domenico, di Giuseppe Cerminara, con l’obiettivo di eliminare un luogo comune, quello che siamo soliti sentire: “Ci sono giornalisti che sono giornalai”. Perché non può forse esistere un giornalaio curioso, sveglio, informato e che vuole informare i suoi lettori?Ma oltre a questo simpatico schema capovolto e in positivo, diretto a restituire dignità a questo mestiere, ci siamo voluti soffermare sulla “finestra” di una delle nostre edicole di riferimento. La prospettiva dall’interno è molto affascinante. Insieme a Giuseppe abbiamo individuato spunti storici ma anche attuali, un viaggio nel tempo lungo tre generazioni, e che racconta tanto di noi.
“Mio nonno faceva questo lavoro quando durante il fascismo non esisteva la libertà di stampa, quindi neanche la libertà di pensiero – ha affermato Cerminara – poi è arrivato mio zio Giovanni, ‘u baffu’ con lo strillone”. Edicole che si sono succedute da padre in figlio, fino ad arrivare ai fratelli Giuseppe e Domenico che conoscono il territorio più di chiunque altro perché quella finestra non era una semplice finestra. Era la finestra sul mondo, di un tempo che cercava progresso, che acquistava quotidiani perché desiderosi di informazione e di cambiamento, un tempo di lotte e di benessere economico come accadeva nel ’68 e poi negli anni’ 80. “Negli anni ’80 si vendevano molti giornali – prosegue nel raccontarsi Giuseppe, che solo da pochi giorni ha compiuto 50 anni e ha pure festeggiato 25 anni di matrimonio – erano soprattutto intellettuali a comprare sia quotidiani locali che nazionali, si attendeva la Repubblica o l’Espresso, per esempio, adesso non ci sono più gli intellettuali di un tempo”. Oggi a comprare sono persone comuni e molti bambini. Gli acquisti si dividono fra riviste di gossip e giochi, quanto ai quotidiani la distribuzione è limitata dell’80% ma ancora resistono.
“Ai giovani, come ai miei figli consiglio sempre di avvicinarsi alla cultura vera, fatta di informazione sana, di leggere i giornali, non solo quelli online, di restare nella realtà e non in un mondo fantastico al quale non potranno mai avvicinarsi”. Ancora, dalla finestra di San Domenico, Giuseppe Cerminara riesce a leggere il presente, individuando i tratti caratteristici del “lametino”. È un tempo difficile, non solo per le problematiche che attanagliano la società, dal punto di vista sociale, politico, culturale, ed economico, quanto per lo sguardo collettivo completamente assente nel prendere consapevolezza delle stesse problematiche. Quasi ad assumere una posizione di apparente comodità, quella di non volersi più ribellare e di accettare passivamente un quotidiano che non gli appartiene da tempo. “Com’è il lametino? Vive di grigiore, continua a lamentarsi in silenzio. Non combatte più”. Tuttavia, Cerminara è un lametino che fa eccezione a questo ragionamento. “Da piccolo ero molto più timido – conclude – ad un certo punto ho capito che dovevo cambiare, e mi sono imposto di essere felice. Da allora ho affrontato le cose in modo positivo, qualsiasi tipo di problema va affrontato con il sorriso”. Oggi il mestiere di edicolante è a rischio. La comunicazione e l’informazione crescono solo sul web, assieme alla velocità della notizia facile da trovare sui social network. “Oggi non potrei mai dire ai giovani di fare questo lavoro, i tempi sono cambiati”. E alla domanda personale: “Avresti voluto fare altro”? Giuseppe risponde convinto: “Sicuramente è un lavoro tramandato che non ho scelto ma sono qui dal 1992, ero felice allora e sono felice adesso del mio lavoro”.
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".