Testuali parole workshop – Racconto “La missione”

Esito “Testuali parole”, workshop di scrittura partecipata a cura di manifestblog.it all’interno di “Impressioni mobili” (Open Space).  

 

La prua della piccola barca si alzava e abbassava seguendo il ritmo dell’onda di risacca. Proprio il movimento gli aveva fatto notare quell’ansa del fiume quasi invisibile tra le mangrovie. Iniziò a muoversi lentamente nella foresta per avere una visuale migliore. Ci mise quasi un’ ora a spostarsi dalla posizione. Senza fare alcun rumore. Nessun rumore. Solo un crack ed era morto. Come tutti gli altri. Il nemico era più forte. Era invisibile. Erano partiti in dieci soldati più il tenente e ora era solo.

La barca. La barca poteva salvarlo.

Se avesse potuto prenderla, solo due miglia a valle c’era l’accampamento. Li sarebbe stato al sicuro. Ora la vedeva meglio. Era legata anche a poppa. Sembrava stesse li da molto tempo. Il lato lungo la riva, ora lo poteva vedere bene, era coperto da un’ombra verde. Sembrava vegetazione. Si, doveva essere li da molto tempo. Se si fosse avvicinato lentamente, senza fare rumore, forse avrebbe avuto ancora una possibilità di tornare a casa. E se fosse stata una trappola? Li tutto non era ciò che sembrava.

Camminavi sul sentiero ed eri morto, ti fermavi tra gli alberi e sembrava ti inghiottissero.

L’aveva visto lui il tenente scomparire verso l’alto. Era stato un attimo. Una corda era scesa e l’aveva stretto al collo portandoselo via, tra i rami. Se ne avesse avuto il tempo non avrebbe potuto neanche sparare, altrimenti avrebbero visto anche lui e addio missione. Ma quale missione. Ormai era rimasto solo. La sua missione ora era tornare a casa e basta. La barca sembrava proprio abbandonata. Non poteva vederne il fondo, ma erano ore che la scrutava e non c’era stato nessun movimento a bordo. Stava scurendo. Tra poche ore sarebbe stato buio. Pensò che quello poteva essere il momento buono. Riprese a muoversi lentamente.

Ora non era più distante di dieci metri. Si fermò e rimase di nuovo immobile. Ma se fosse stata una trappola da dove lo avrebbero attaccato? Non c’erano sentieri verso l’ansa. La foresta sembrava finire direttamente nel fiume e solo un piccolo spazio di riva era sgombro dalla vegetazione. Dagli alberi. Gli avrebbero sparato dall’alto. No. Non gli avrebbero sparato. Sarebbe stata una lancia, una freccia, o uno di quei piccoli pungiglioni avvelenati che aveva trovato nel collo del suo compagno. Lo aveva guardato stupito prima di cadere in ginocchio. Aveva aperto la bocca, ma senza riuscire a parlare. Poi era morto. Lo avevano lasciato li.

“Lo recuperiamo dopo”! aveva detto il tenente, a missione ultimata.

Sarebbero tornati con i rinforzi e di quella foresta non sarebbe rimasta neanche una foglia. Così aveva detto il tenente. E ora era morto anche lui. Si, lo avrebbero attaccato dagli alberi, non c’era dubbio. Ma se fosse sceso in acqua più a monte avvicinandosi alla barca dal lato opposto, lo avrebbero visto? E i coccodrilli? Sino ad ora non ne aveva visto nessuno, ma c’erano anche loro in quella maledetta foresta. Poteva tentare. Doveva tentare. Riprese a muoversi lentamente verso la riva, oltre la barca. Ora era quasi nel fiume. Strisciò lentamente contro l’albero che lo nascondeva ed entrò cautamente in acqua. Il fondo era fangoso e gli stivali affondarono oltre la suola. Sarebbe stato meglio toglierli pensò, ma ormai era tardi. L’acqua era fredda e quando gli arrivò sulla schiena non potette reprimere un brivido. Calmo. Stai calmo. Come gli diceva sempre sua moglie? Respira a fondo, stai calmo e rifletti. Si cara, respiro e rifletto. Che ci faccio qui? Che missione è questa? Che guerra è questa? Cercò di dimenticarla di nuovo, di scacciare ogni pensiero. La barca. Il suo pensiero doveva essere solo la barca.

Dopo. Tutto il resto a dopo. Se ci fosse stato, un dopo.

Lasciò andare a fondo il fucile che lo intralciava e iniziò a muoversi verso la barca, attento a non fare alcuna onda, nessuna increspatura. Ci mise pochi minuti. Ora era sotto la poppa. Tenendosi allo scafo iniziò a girare intorno alla barca. Dal lato del fiume, li dove lo scafo era più basso sarebbe salito a bordo. Si fermò. Gli era sembrato di sentire qualcosa, come uno stormire di foglie. Il nemico? Un uccello? Un serpente? Calma, calma, calma. Rimase immobile per molti minuti. Un uccello tutto colorato prese il volo dalla riva opposta. Attese ancora qualche attimo, poi pensò che era il momento giusto. Prese fiato e iniziò a immergersi per darsi la giusta spinta e riuscire a salire con un solo movimento.

Appena a bordo si sarebbe sdraiato sul fondo, al riparo da frecce o altro.
Avrebbe sciolto l’imbarcazione e l’avrebbe lasciata andare nel fiume. La corrente avrebbe pensato
al resto. Si, ce la poteva fare.

La spinta del corpo in acqua lo portò con la vita oltre le mura della barca. Mentre faceva forza con
le braccia per scavalcare completamente senti un breve sibilo e un colpo nella schiena.
La lancia era entrata all’altezza delle scapole fuoriuscendo poco sopra lo sterno. Ne poteva vedere la punta sporgere dalla maglietta lacerata. Le forze lo abbandonarono improvvisamente e il peso del corpo lo fece ricadere pesantemente in acqua. La corrente lo prese subito, portandolo quasi al centro del fiume. Iniziò a girare lentamente su se stesso mentre il fiume lo portava via.

Almeno avesse saputo qual’era la sua missione, fece in tempo a chiedersi prima del buio.

 

 

 

Fabrizio Rasori 

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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